lunedì 8 febbraio 2010

Into the wild


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Sali in macchina e guida fino a dove finisce la strada.
Prendi un sentiero che sale alla vetta e siediti sul tronco di un albero.
Cammina lungo il crinale e scendi fino alla spiaggia, sdraiati sulla sabbia, di fronte al mare.
Esci di notte e cerca un posto buio per guardare le stelle.
Oppure chiudi la porta e spegni la luce, mettiti comodo, chiudi gli occhi.
Isolati, allontanati, resta solo. Poi goditela, assapora il momento.
Ora metti le cuffie e ascolta la colonna sonora del film
Into the wild. Le chitarre che sospirano suoni di libertà, il profumo del vento, l'armonia, il suono della terra.
Musica per immagini, quelle che hai davanti agli occhi e quelle che scorrono sullo schermo della memoria. Senti che meraviglia?
Quando all'inizio della quinta traccia, sul tappetto di un arpeggio appena sussurato, accompagnata dalla vibrazione abissale del basso, la voce di Eddie Vedder canta
Have no fear for when I'm alone, fai una cosa: ringrazia.
Ringrazia Dio, o la genetica, per avergli donato un talento simile.
Ringrazia sua madre, che a dodici anni gli ha regalato una chitarra.
Ringrazia il destino, che ha fatto il suo corso.
E poi ringrazia lui, per non aver mandato tutto a puttane, per essere andato a Seattle e per fare la cosa per cui è nato: cantare.
I'll take this soul that's inside me now like a brand new friend I'll forever know

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